Salvatore Giacomo Tommasi nacque a Roccaraso (AQ) il 26 luglio 1813, da Francesco e Maria Giuseppa Marini.

Ancora ragazzo, aderì agli ideali risorgimentali durante i moti del 1831, motivo per cui venne registrato come sobillatore dalla polizia politica dello Stato pontificio.

Si iscrisse alla facoltà di Medicina, conseguendo la laurea a Napoli, presso l’Università Federico II, nel 1838. Avviata la carriera accademica, nel 1844 diede vita alla rivista Il Sarcone. Giornale di medicina e scienze affini, grazie alla quale introdusse in Italia gli studi e le ricerche più all’avanguardia condotte a livello europeo.

Nel luglio di quello stesso anno, nonostante l’ostinata opposizione dei suoi genitori, si unì in matrimonio con la corregionale Emilia Organtini, la cui famiglia era profondamente malvista dai Tommasi.
Durante il suo percorso professionale, Tommasi si appassionò sempre più alla visione filosofica di Georg Hegel: un interesse che lo spinse verso l’attivismo politico e la condivisione delle idee liberali che si stavano diffondevano nel Regno: tuttavia, l’elezione in qualità di deputato al Parlamento – istituito con la Costituzione del 29 gennaio 1848 –, gli costò la rimozione dagli incarichi accademici e la prigione.

Costretto all’esilio, si stabilì a Torino, dove continuò – seppur con fatica – a dedicarsi alla ricerca e alla frequentazione degli ambienti scientifici e culturali, contribuendo anche alla fondazione della “Società delle scienze biologiche”.

Nel settembre 1860, Tommasi giocò un ruolo chiave nelle complesse trattative tra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, riguardanti il destino del Regno delle Due Sicilie. Si fece infatti promotore di una petizione da parte delle municipalità abruzzesi che chiedevano l’annessione al nascente Regno d’Italia, aprendo anche la strada verso Napoli all’esercito piemontese. La sua fedeltà alla causa monarchica gli valse la nomina a senatore del Regno d’Italia, nel 1864.

A questo, l’anno seguente, si aggiunse anche la titolarità della cattedra di Clinica medica presso l’università Federico II, grazie alla quale poté attuare la sua idea che la medicina, unita al progresso scientifico e tecnologico, dovesse essere finalizzata – con azioni concrete – al miglioramento delle condizioni di vita. Questa visione pioneristica, che concepiva la scienza come una missione a servizio dell’uomo e della collettività, costituisce il fulcro del suo lascito sociale.

Morì a Napoli il 13 luglio 1888.

Puoi consultare l’atto di nascita di Salvatore Tommasi sul Portale Antenati: Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Roccaraso > 1813

Puoi consultare l’atto di nascita di Emilia Organtini sul Portale Antenati: Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Pettorano sul Gizio > 18/04/1814-16/12/1814

Sul Portale sono inoltre disponibili l’atto della promessa di matrimonio, il memorandum dell’atto di notificazione e il processetto, che contiene tutti i faticosi tentativi per ottenere il consenso dei genitori del Tommasi, che mai acconsentirono all’unione.

La documentazione originale è conservata presso l’Archivio di Stato dell’Aquila.

Per approfondimenti sulla figura di Salvatore Tommasi, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Marco Segala.

Archivio di Stato dell’Aquila > Stato civile napoleonico > Roccaraso > 1813

Palma Bucarelli nacque a Roma il 16 marzo 1910.

Visse un’infanzia piuttosto nomade, a seguito del padre, Giuseppe, che era funzionario alla prefettura di Stato. Alla madre, Ester Loteta Clori, invece, sarà debitrice delle inclinazioni verso l’arte, l’eleganza e la moda, che svilupperà nel corso degli anni.

Laureatasi in Storia dell’arte, superò appena ventitreenne il concorso pubblico per il Ministero dell’educazione nazionale in qualità di ispettore alle Antichità e alle Belle Arti.

Cominciò a lavorare presso la Galleria Borghese (1933-36), per poi essere trasferita per un periodo a Napoli e tornare a Roma, nel 1939, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea in qualità di ispettrice. Dal 1941, ne assunse il ruolo di soprintendente, guidando la Galleria con appassionato impegno, per oltre trent’anni, fino al 1975.

Trascorse il primo periodo lì nel tentativo di mettere in salvo quante più opere possibili dai bombardamenti della guerra in atto. Ma solo una volta terminato il conflitto bellico, inizierà a emergere il suo profilo da dirigente, con i suoi gusti inclini all’astrattismo e all’arte informale. Gli anni ’50 furono, infatti, quelli delle mostre più celebri, da Picasso a Pollock, da Mondrian a Burri, che le varranno un grande successo e consenso, ma al contempo anche numerose disapprovazioni, tanto sul piano culturale quanto su quello dirigenziale.

Tuttavia, con la fierezza e il piglio sicuro che caratterizzarono la sua persona, Bucarelli fece fronte a queste critiche, trasformando gli anni ’60 in quelli del suo successo definitivo: riconosciuta e apprezzata a livello internazionale, questo le darà la spinta per una rinnovata apertura al mondo artistico.

Nel 1972 ricevette, inoltre, la Légion d’Honneur e divenne Accademica di San Luca, mentre nel 1975 fu nominata Grande ufficiale della Repubblica.

Nel corso della sua vita sarà legata sentimentalmente al giornalista Paolo Monelli, per 48 anni, fino alla scomparsa di lui, avvenuta nel 1984.

Il nome di Palma Bucarelli è indissolubilmente legato a quello della Galleria Nazionale, poiché ebbe la capacità di ricoprirne un ruolo dirigenziale con estrema sapienza e intuizione, con la lungimiranza di chi concepiva il museo come un luogo di aggregazione in cui immergersi alla scoperta dell’arte: una visione museale che precorse i tempi e che le viene, ancora oggi, profondamente riconosciuta.

Morì a Roma il 25 luglio 1998.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1910

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Il suo archivio personale fu donato da lei stessa all’Archivio Centrale dello Stato nel 1998, dove è tutt’oggi conservato.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1910

Enzo Ferrari – all’anagrafe Enzo Anselmo Giuseppe Maria Ferrari – nacque a Modena il 20 febbraio 1898.

Figlio di Alfredo, proprietario di un’officina che si occupava di materiali ferroviari, e Adalgisa Bisbini, di nobili origini forlivesi.

Fu grazie al padre, che già agli inizi del ‘900 possedeva diverse automobili, che Enzo si appassionò sin da bambino a questo settore, lasciando precocemente gli studi per lavorare nell’officina di famiglia. Tuttavia, la prematura scomparsa – a pochi mesi di distanza – del genitore e del fratello maggiore, assieme al suo arruolamento nella Prima guerra mondiale, lo costrinsero a rivedere i propri progetti.

Cessata la guerra, guarito da una grave pleurite, trovò lavoro dapprima come collaudatore e poi come pilota automobilistico da corsa, tra Torino e Milano: dal 1919 al 1931, infatti, partecipò a numerose gare, ottenendo spesso ottime posizioni e vittorie. Dopo un lungo sodalizio con l’Alfa Romeo, sia in qualità di pilota sia come consulente commerciale, Enzo Ferrari fondò, nel 1929, la scuderia che portava il suo nome.

Nel 1931, decise di appendere il caschetto al chiodo e di mettere fine alla sua carriera da pilota, poiché l’imminente nascita del figlio Alfredo, soprannominato “Dino” (1932-1956), nato dal matrimonio con Laura Garello, gli richiese un nuovo ruolo anche in ambito professionale.

Nel 1947, fece il suo debutto la prima Ferrari da corsa, inaugurando un nuovo capitolo storico nella produzione automobilistica: non a caso, negli anni successivi, la casa Ferrari fu capace produrre una serie di prestigiosi modelli da competizione e gran turismo, in grado di ottenere – fino a i giorni nostri – risultati eccezionali presso i più prestigiosi campionati mondiali. Merito di questo successo fu anche l’abilità con cui “il Commendatore” sapeva circondarsi e avvalersi di piloti e tecnici di elevatissimo livello, consentendo al suo nome di mantenere una competitività riconosciuta internazionalmente.

Nel 1969, Enzo si ritirò dal suo ruolo a capo dell’azienda, continuando però a influenzarla fino alla sua morte: la sua dedizione alla perfezione tecnica nelle auto da corsa era, infatti, divenuta leggendaria. La sua eredità venne raccolta dal figlio Piero, nato nel 1945, dalla sua longeva relazione con Lina Lardi.

Enzo Ferrari morì a Modena il 14 agosto 1988.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Modena > Stato civile italiano > Modena > 1898

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Modena.

Per approfondimenti sulla figura di Enzo Ferrari, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Franco Amatori.

Archivio di Stato di Modena > Stato civile italiano > Modena > 1898

Tazio Giorgio Nuvolari nacque a Castel d’Ario (MN) il 16 novembre 1892, da Arturo ed Emma Elisa Zorzi, proprietari terrieri.

La scarsa propensione per gli studi venne compensata dall’interesse verso lo sport e la competizione, che ereditò dal padre e dallo zio Giuseppe, entrambi ciclisti di fama nazionale e internazionale. Fu assieme a loro che assistette alla prima gara di automobilismo, appassionandosi immediatamente alla velocità e ai motori.

Dopo due anni dalla leva militare, fu richiamato alle armi durante la Prima guerra mondiale, venendo impiegato come autista di vari mezzi. Congedato nel 1917 per un principio di tubercolosi, non volle affiancare il padre nell’azienda agricola di famiglia, scegliendo invece di occuparsi, assieme allo zio, della vendita di auto e moto.

Proprio per ragioni economiche, iniziò a dedicarsi alle corse, dapprima sulle due ruote, cominciando da subito a collezionare successi e riconoscimenti. Non a caso, la stampa lo definiva “il campionissimo” della moto, riconoscendogli un’audacia e una prontezza alla guida del tutto fuori dal comune.

Lentamente, e con iniziale fatica, si affacciò al mondo delle gare automobilistiche, che preferiva lungamente, fondando – nell’inverno del 1927-28 – la Scuderia Nuvolari, a Mantova. Tuttavia, la svolta decisiva della sua carriera ci fu nel 1930, grazie all’Alfa Romeo. Quello stesso anno, passò poi alla scuderia Ferrari, dove le vittorie non si fecero attendere, rendendolo uno dei personaggi più noti e richiesti anche negli ambienti mondani.

Gli anni tra il 1930 e il 1939 furono il suo periodo d’oro, costellato di vittorie e successi assieme ai marchi tedeschi Mercedes-Benz e Auto Union.

Poi, lentamente, iniziò il declino: l’età ormai avanzata, il dolore legato alla perdita prematura dei suoi due figli, i numerosi infortuni, alcuni fallimenti… corse la sua ultima gara nell’aprile 1950, ma non annunciò mai il ritiro dal mondo sportivo.

Morì a Mantova l’11 agosto 1953.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano sino al 1900 > Castel d’Ario > 1892

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova. In questo istituto si trova anche il fondo Tazio Nuvolari, bb. 66 (sec. XX).

Per approfondimenti sulla figura di Giorgio Tazio Nuvolari, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Gianni Cancellieri.

Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano sino al 1900 > Castel d’Ario > 1892

Antonino Bertolotti nacque a Torino il 16 marzo 1834, da Agapito e Angela Vayra.

Ottenuta la laurea in Chimica e la patente di farmacista, non esercitò la professione, divenendo dipendente della Pubblica Amministrazione.

Nel 1871 fu inviato presso il neonato Archivio di Stato di Roma, dove si dedicò con passione allo studio e trascrizione di materiale d’età moderna allora inedito. Nello specifico, al suo nome sono ricondotte numerose pubblicazioni di documenti riguardanti artisti del calibro di Michelangelo, Benvenuto Cellini, i Della Porta, etc.

Un decennio più tardi, nel 1881, ricevette l’incarico di dirigere l’Archivio di Stato di Mantova, dove continuò con zelo i suoi studi; inoltre, tra il 1886 e il 1888, fu nominato direttore ad interim dell’Archivio di Stato di Brescia.

Fu membro di diverse Accademie italiane e straniere e, in quegli anni, ricoprì anche la posizione di libero docente di Paleografia presso l’Università di Roma.

Morì a Mantova il 22 maggio 1893.

Puoi consultare l’atto di morte sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano sino al 1900 > Mantova > 1893

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova. In questo Istituto si trova anche il fondo Antonino Bertolotti (1826-1891, con antecedenti dal 1569).

Per approfondimenti sulla figura di Antonino Bertolotti, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Guglielmo Capogrossi Guarna.

Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano sino al 1900 > Mantova > 1893

Alberto Moravia – all’anagrafe Alberto Pincherle Moravia – nacque a Roma il 28 novembre 1907.

Crebbe in un ambiente culturalmente vivace: il padre Carlo era architetto e pittore, di origini veneziane e di fede ebraica; la madre, Teresa Iginia De Marsanich, era un’anconetana di origini dalmate e di fede cattolica.

La sua formazione si svolse prevalentemente in casa, assistito da insegnati privati, anche a causa della coxite, una malattia ossea all’anca che lo costrinse per lungo tempo a una forzata immobilità. Questo, tuttavia, gli permise un avvicinamento precoce e appassionato alla letteratura.

In seguito, nonostante la guarigione, il giovane Moravia non volle proseguire gli studi in maniera regolare, pur continuando a coltivare la vocazione letteraria attraverso una vorace attività di lettura, cui presto si affiancarono le prime prove poetiche e narrative.

Nel 1929, infatti, fu pubblicato il suo romanzo d’esordio, Gli indifferenti.

Tuttavia, negli anni successivi, molteplici furono i limiti professionali che il regime aveva tentato di imporgli, per via della fede ebraica del padre, ma che Alberto Moravia, professandosi ateo e figlio di madre cattolica, era riuscito a eludere.

Il 14 aprile 1941 si unì in matrimonio con la scrittrice Elsa Morante, che aveva conosciuto qualche anno prima. Con lei per diversi mesi si rifugiò nei pressi di Fondi, a sud del Lazio, per sfuggire alla persecuzione antisemita.

Tornati a Roma nel 1944, Moravia riprese a pieno ritmo la sua attività: oltre alle numerose collaborazioni con varie testate giornalistiche, ne fondò una propria assieme ad Alberto Carocci, Nuovi argomenti, che diresse fino alla sua morte, affiancato per un periodo anche dall’amico Pier Paolo Pasolini. Oltremodo prolifica fu anche la sua produzione letteraria che – a partire da quegli anni – proseguì con un ritmo serrato. Tra i romanzi di maggior fama si ricordano: Agostino (1944), La disubbidienza (1948), I racconti (1952 – Premio Strega), La ciociara (1957), La noia (1960 – Premio Viareggio 1961) e La vita interiore (1978).

Nel 1962 si concluse la lunga relazione con la Morante, a cui seguì quella quindicennale con la nota scrittrice Dacia Maraini.

Nel 1984 si presentò alle elezioni europee come indipendente nelle liste del Pci, diventando deputato al Parlamento Europeo (1984-1989).

Morì a Roma il 26 settembre 1990.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1907

A margine, l’atto riporta anche la nota di cancelleria che segna l’atto di matrimonio con Elsa Morante, avvenuto il 14 aprile 1941.

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Per approfondimenti sulla figura di Alberto Moravia, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Marcello Ciocchetti.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1907

Elsa Schiaparelli nacque a Roma il 10 settembre 1890 da Giuseppa Maria de Dominicis, aristocratica napoletana, e Celestino Schiaparelli, professore di letteratura e lingua araba all’università di Roma La Sapienza, nonché primo bibliotecario all’Accademia dei Lincei.

Al ramo paterno della sua famiglia – di origini piemontesi – appartennero diversi nomi noti, solidamente affermati in campo accademico: tra questi, gli zii Ernesto e Giovanni Schiaparelli, rispettivamente egittologo e astronomo, e il figlio di quest’ultimo, Luigi, famoso paleografo e diplomatista.

Dopo gli iniziali studi in Filosofia, la famiglia si oppose alle precoci aspirazioni poetiche di Elsa, mandandola in un convento in Svizzera.

Tuttavia, decisa a seguire le sue ambizioni, si recò a Londra: da lì, dopo un matrimonio fallito e una figlia, emigrò negli Stati Uniti, dove conobbe lo stilista Paul Poiret, di cui diventò allieva, per poi intraprendere una carriera personale affermando il proprio nome.

Gli anni ’30 furono il suo periodo d’oro: la sua Maison arrivò a contare ben 8 atelier a Parigi con un totale di oltre 800 dipendenti e fu in questo florido momento che realizzò le sue più iconiche collezioni di moda: si ricordi, ad esempio, la nobilitazione del maglione con doppio nodo o l’invenzione del tailleur in rosa shocking, oltre ad accessori che celavano vere e proprie opere d’arte, grazie anche alle pregiate collaborazioni con i protagonisti del Surrealismo e del Dadaismo (Dalì, Picasso, Giacomelli, Fini e molti altri). Questo connubio tra arte e moda si tradurrà in creazioni all’avanguardia, connotate da una straordinaria originalità, frutto di ricerca e sperimentazione di colori, materiali, trame e tecniche.

La Seconda guerra mondiale, tuttavia, colpì duramente la sua casa di moda, che si vide costretta a ridurre notevolmente la sua capacità produttiva ed Elsa dovette rifugiarsi a New York.

In seguito, una volta terminata la guerra, tornò a Parigi, ma il mondo della moda non era più lo stesso: difatti, nonostante alcuni riconoscimenti che le furono conferiti, non riuscì più ad ottenere il successo dell’anteguerra e risollevarsi dalla crisi economica. Così, la Maison Schiaparelli venne chiusa.

La nota stilista morì 19 anni più tardi, nella capitale francese, ormai sua città d’adozione, il 13 novembre 1973.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1890

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma

Per approfondimenti sulla figura di Elsa Schiaparelli, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Giovanna Uzzani.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1890

Guido Fiorini nacque a Bologna il 1° luglio 1891.

Conseguita la laurea in Ingegneria, si specializzò in Architettura nel 1919.

Durante gli esordi della sua carriera, si dedicò sia all’insegnamento che alla pratica della professione, ottenendo anche dei riconoscimenti per alcuni dei suoi lavori.

Nel corso degli anni Venti, trovandosi a Parigi, ebbe modo di conoscere Le Corbusier, il celebre architetto svizzero con cui strinse un longevo rapporto di amicizia e collaborazione professionale.

Nell’ambito del dibattito del rinnovamento edilizio, particolarmente vivace in quegli anni, Fiorini focalizzò la sua attenzione sull’impiego delle strutture metalliche, giungendo fino all’invenzione della tensistruttura (1928-1935), con l’intento di creare un connubio tra costruzione edilizia e cultura architettonica.

Questo senso di innovazione gli valse il coinvolgimento in numerosi progetti, alcuni rimasti su carta.

Trovò comunque grande sostegno dalla corrente futurista, che rivedeva nelle sue idee e nei suoi lavori un simbolo concreto del progresso.

A partire dal 1932, cominciò a occuparsi di allestimenti per le scenografie cinematografiche: lavorò ampiamente nel campo, vincendo diversi premi, tra cui anche un Nastro d’argento per la migliore scenografia nel film Miracolo a Milano (1951) sotto la regia di Vittorio De Sica.

Morì a Parigi il 28 dicembre 1965.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Bologna > Stato civile italiano > Bologna > Registro 1057, suppl. 2

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Bologna

Per approfondimenti sulla figura di Guido Fiorini, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Rosalia Vittorini.

Il suo archivio personale è conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato.

Archivio di Stato di Bologna > Stato civile italiano > Bologna > Registro 1057, suppl. 2

Carlo Alberto Camillo Salustri nacque a Roma il 26 ottobre 1871.

Figlio di Vincenzo, cameriere, e Carlotta Poldi, sarta, rimase presto orfano di padre, legandosi profondamente alla madre, con la quale visse fino alla morte di lei, nel 1912.

Nonostante la scarsa propensione per gli studi scolastici, Salustri mostrò sin da bambino uno spiccato interesse verso la poesia, dedicandosi in special modo alla composizione di versi in dialetto romanesco.

Già nel 1887, il suo primo sonetto, pubblicato sulla celebra rivista Il rugantino, recava in calce la firma di “Trilussa”, anagramma del suo cognome, che lo accompagnò per il resto della sua vita.

La sua poesia si ispirava alla tradizione romanesca adeguandosi, però, ai temi della fine del secolo, in maniera leggera, scanzonata, mai esplicitamente volgare. Contemporaneamente, accanto alla produzione poetica, affiancò quella in prosa, caratterizzata da rivisitazioni di favole classiche e popolari e dall’invenzione di nuove favole moderne.

Con l’inizio del secolo, si consolidò anche il suo successo, rendendolo un poeta-commentatore, assiduo frequentatore dei salotti e dei caffè romani. Durante il periodo bellico, prese le distanze dal regime, pur non ponendosene mai in maniera nettamente avversa. A questo periodo risalgono anche le sue poesie più impegnate, di carattere socio-politico, in cui è più forte l’impronta crepuscolare.

Nel 1947 rifiutò l’incarico a sindaco di Roma che gli era stato offerto.

Tre anni dopo, fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi.

Morì a Roma il 21 dicembre 1950.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1871

L’originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma.

Il suo archivio cartaceo e fotografico fu mantenuto integro da Rosa Tomei, la donna con cui convisse nell’ultimo ventennio della sua vita e con cui strinse un sodalizio affettivo e lavorativo. Oggi l’Archivio di Trilussa è conservato presso il Museo di Roma in Trastevere.

Per approfondimenti sulla figura di Trilussa, vedi la voce del Dizionario Biografico degli Italiani a cura di Gabriele Scalessa.

Archivio di Stato di Roma > Stato civile italiano > Roma > 1871

Maria Teresa Azzali nacque a San Martino dell’Argine (MN) il 9 gennaio 1902.

Appena maggiorenne si trasferì a Milano per dedicarsi alla lotta antifascista, dando un contributo decisivo ai Gruppi di Difesa della Donna – associazioni pluripartitiche, simbolo dell’apporto delle donne alla lotta contro il regime –, soprattutto tra i ceti medi e all’interno delle fabbriche.

Al suo operato si deve la prima diffusione clandestina della rivista Noi Donne, nel 1944, grazie anche alla solidale collaborazione con Giovanna Molteni.

Una volta conclusa la guerra, l’impegno di Azzali proseguì come segretaria dell’UDI (Unione Donne Italiane) di Mantova e poi nel sindacato, come esponente della Commissione femminile della Camera del Lavoro di Milano. In queste vesti, si batté lungamente per rivendicare migliori condizioni di lavoro per le donne, asili nido, stanze predisposte all’allattamento e parità salariale. 

Morì nel 1978 a Milano.

Puoi consultare l’atto di nascita sul Portale Antenati: Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano (registri del Tribunale di Mantova) > San Martino dall’Argine > 1902

L’originale è conservato presso il Tribunale di Mantova.

Archivio di Stato di Mantova > Stato civile italiano (registri del Tribunale di Mantova) > San Martino dall’Argine > 1902